È stato il 265esimo papa della Chiesa cattolica, il primo a diventare pontefice emerito.
La sua scomparsa ha destato una grande commozione in tutto il mondo, era il Papa buono. Un ricordo giunge subito dopo la sua scomparsa, protagonista il nostro cav. Bruno Carraro che aveva avuto occasione di conoscerlo ed incontrarlo in udienza a Roma in diverse occasioni. Una cosa in comune legava Benedetto XVI al nostro cavaliere: entrambi erano Presidenti Onorari del Santuario della Madonna del Ghisallo, la protettrice dei ciclisti. Proprio nel 2009 l’ultimo incontro, l’occasione legata all’accensione della “Lampada Votiva” dedicata al Tempio del ciclista. “Era una persona molto buona, umile, gentile aperta al dialogo – racconta Carraro con commozione – non dimenticherò mai quel momento, quando, dopo l’accensione, mi consegno la candelina ancora accesa e non accorgendomi la presi in mano quasi a bruciarmela. Cosa che lo fece ridere tanto, mentre ero intento a nascondere il dolore della bruciatura, sentendomi ripetere da chi mi stava accanto “bravo Bruno sei riuscito a far ridere il Papa”. Una persona con la quale era bello dialogare e subito dopo l’accaduto mi salutò con un sorriso dicendomi “ci rivedremo”. Quella fu la sesta volta che i rappresentanti della Madonna del Ghisallo furono ricevuti a Roma dal Santo Padre.
Nella storia la prima udienza fu il 1948, allora con Pio XII e a trasportare la lampada votiva dalla capitale al Ghisallo furono tre grandi Campioni del ciclismo: Fausto Coppi, Gino Bartali, e il Salese Toni Bevilacqua. Nel 2008 fu regalata alla S.Sede una bicicletta sul cui manubrio era sistemato il porta messale che era appartenuto a Papa Luciani. “Quando Benedetto XVI si accorse di questo “cimelio” – ricorda il cav. Carraro – chiese spiegazioni, e saputa la storia della bici, subito manifestò il desiderio di esporla all’interno del tempio del Ghisallo, in ricordo della S. Sede e luogo più adatto a custodirla, un museo non solo di sport legato alle due ruote, ma un museo di fede e carità Cristiana”.
Gente Salese: Luciano Martellozzo